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Oggi è decisamente una giornata no. Ho passato l'ultima ora e mezza nel disperato tentativo di collegarmi alla rete, del resto, possiedo una chiavetta internet (carica) che ha la funzione di collegare l'utente. Per qualche ragione, a me decisamente sconosciuta, da un paio di giorni questo non accade. Pare essere tutto in regola ma la rete appare un miraggio. Rassegnata, decido di scrivere usando la fantasia, comincio, quando all'improvviso rimango senza corrente e non avendo salvato sparisce tutto. No, la tecnologia non aiuta a vivere meglio. Credo che da oggi mi unirò a coloro che dicono: "si stava meglio quando si stava peggio".

Ed eccomi qui. Due ore perse. Cento parole anche. Se avessi usato una banalissima penna (come si faceva una volta) ed un foglio, questo non sarebbe accaduto. Ieri pomeriggio ho ricevuto una telefonata da parte di una mia amica. E' tornata dalla montagna e doveva aggiornarmi sugli ultimi sviluppi (oppure i non sviluppi, dipende dai punti di vista) sentimentali. Si sa che la relazione tra le donne e gli uomini, a volte, è un gran casino. Quando avevo vent'anni ho preso in biblioteca il libro "Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere" e quello è stato il mio primo approccio con la materia. Poi, strada facendo ho avuto modo di sperimentare di persona tutte le stranezze del mondo maschile (sono sicura che gli uomini direbbero la stessa cosa di noi donne). Tornando alla mia amica, continuiamo a chiacchierare quando, all'improvviso mi partorisce un'idea: E se dopotutto il problema nelle relazioni siamo noi? In fondo, quasi tutte siamo vittime del principe azzurro e di Biancaneve, del grande amore e del "vissero per sempre felici e contenti". Nella vita vera ha ancora senso credere in tutte queste cose? Abbiamo delle pretese troppo alte? Aveva ragione mio nonno (il saggio professore) nel dire che bisogna abbassare i propri criteri?

Non so perché ma le mie domande hanno suscitato una certa irrequietezza dall'altra parte del telefono. Mi aspettavo almeno un tentativo di risposta quando invece mi sento dire: "Cambiando argomento, hai sentito che la Colombari ha pubblicato la sua biografia? Mi chiedo: a parte essere stata la fidanzata di Alberto Tomba, aver vinto Miss Italia, aver sposato un calciatore ed aver fatto una mostra con i propri autoscatti, che avrà da scrivere sulla sua vita? Scrivi un articolo su questo. Dimenticavo, siamo noi della Rizzoli a pubblicare il libro, per il compleanno ti regalerò una copia". Clic. Lì per lì rimango perplessa e archivio la storia anche perché non mi sembrava si trattasse della notizia del giorno. Al risveglio, la mattina dopo, davanti ad una tazza di latte caldo (meglio evitare la caffeina nelle giornate come questa) comincio a pensare al racconto della mia amica. Mi viene in mente una mia lontana cugina, nonché una scrittrice internazionale di successo. Il suo nome è Slavenka Drakulic. A giugno del 2007 mi trovavo a bordo di un aereo, destinazione Londra. A farmi compagnia, suo nuovo libro, "Frida", una biografia della famosa pittrice raccontata in parallelo con la biografia di Slavenka. Il fattore che le accomuna: il dolore. Un bel libro. Scritto bene.

Ho un'altra cugina (sua figlia, Rujana Jeger) scrittrice. Se non mi sbaglio, ha esordito nel 2004 vincendo anche un premio della città di Vienna come miglior romanzo esordiente. Il titolo del suo libro: "Darkroom". Se non fosse stato per mia nonna che ci teneva, non credo che l'avrei mai letto. L'ultimo dell'anno del 2004, ero sul treno Milano - Roma. All'epoca il viaggio durava quattro ore e mezza e la noia regnava sovrana. Prendo il libro e comincio a leggere. Che strano, sto leggendo la storia di una parte della mia famiglia di cui non sapevo niente (ecco perché la nonna ci teneva). Non sapevo neanche di avere una cugina scrittrice, figuriamoci se sapevo che siamo nate lo stesso giorno e che, da bambine, passavamo le vacanze nello stesso posto. A volte la vita è proprio strana. Devi arrivare a 25 anni per conoscere una parte della famiglia. Il libro è divertente e tragico allo stesso tempo, fa ridere e fa piangere. La guerra fa sempre piangere. Finisco di leggere l'ultima pagina ed eccomi arrivata nella capitale (giusto per non lasciarvi con il dubbio, fidanzato romano, ma non è colpa sua come direbbe Brignano).

Ho raccontato di queste due biografie perché c'era del materiale da biografia, eccome se c'era! Perché oggi, in Italia basta essere famosi (non importa come) per sentirsi autorizzati a scrivere un libro? E poi, chi li pubblica questi libri? Non posso giudicare ciò che non ho letto e quindi non l'ho farò ma mi accorgo che si tratta di un fenomeno sempre più diffuso. Settimana scorsa, mentre facevo zapping tra un canale e l'altro, ho visto la presentazione del libro di una ex schedina di Simona Ventura. Ora, non voglio parlare per forza male ma mi viene spontaneo chiedermi: cosa avranno da dire? Quello che mi fa rabbia è che conosco delle persone in gamba che scrivono da molto tempo. Persone brillanti, con una scrittura innovativa ed interessante. Il massimo che ottengono è la pubblicazione su qualche blog di qualche conoscente oppure arrivano a pubblicare libri a proprie spese.

Sento sempre delle lamentele sul fatto che il problema di fondo sia il sistema scolastico, la mancanza della cultura, il messaggio dei media sbagliato ecc. A nessuno è venuto il dubbio che pubblicare certi tipi di libri alimenta questo circolo vizioso? Mi viene da chiedermi se è proprio questo quello che ci meritiamo. In altri paesi non credo ci sarebbe un riscontro da parte del pubblico per questo tipo di libri, qui evidentemente c'è, altrimenti il fenomeno non si spiega. Alto livello di letteratura per un popolo di alto livello. Ed è decisamente quello che ci meritiamo.

Febbraio 2011